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Giacomo Puccini

Gennaio 25, 2020 - Le Amicizie di Lionello Balestrieri

Durante l’amichevole convivenza a Parigi, Lionello aveva ascoltato Vannicola cantare e suonare brani della Bohème e nel 1898, mentre il capolavoro di Giacomo Puccini trionfava in Europa, rappresentò in un olio la scena culminante del melodramma La morte di Mimì, intingendo il pennello in un fedele descrittivismo: “seduto a fianco del letto, con la mano sinistra affondata nella scomposta capigliatura, il poeta rodolfo (Balestrieri lo ha ritratto con le proprie sembianze), pensoso e sgomento, affissa lo sguardo sul volto dell’amante, che, col capo affondato nel candido cuscino, e un braccio disteso e inerte, appare prossima a morire.

Lionello Balestrieri, Mimì… Mimì… (La morte di Mimì), 1898. Fondazione Cavallini Sgarbi

Una delle più importanti iniziative dove si è parlato dell’amicizia di Balestrieri con Puccini è stata la mostra “Per sogni e per chimere – Giacomo Puccini e le arti visive” organizzata dalla Fondazione Ragghianti di Lucca nel cui catalogo, curato anche dallo storico dell’arte Paolo Bolpagni, vi è un ampio capitolo che riguarda Lionello Balestrieri

Paolo Bolpagni
Arti visive e musica nell’Italia di fine Ottocento
e dei primi decenni del Novecento: il caso Puccini

Per gentile concessione di Paolo Bolpagni pubblichiamo un estratto specifico dedicato a Balestrieri

Lionello Balestrieri e Giacomo Puccini 

Paolo Bolpagni 

Nel novero piuttosto ristretto di dipinti, incisioni e disegni esplicitamente ispirati a personaggi e situazioni dei melodrammi di Giacomo Puccini, il nome di Lionello Balestrieri sopravanza gli altri, perlomeno per quantità di esiti. In effetti è bene osservare che, se sono assai numerosi i ritratti del Maestro, non così frequenti, anzi piuttosto rari, sono i casi di opere d’arte visiva che si rifanno al teatro pucciniano. 

Giuseppe Vannicola fece conoscere e apprezzare all’amico pittore il mondo di Richard Wagner, che però darà frutto un po’ più avanti nella produzione di Balestrieri. Per il momento, negli ultimi anni del XIX secolo, a Parigi, l’effetto più evidente della loro vicinanza e comunione spirituale è rinvenibile in opere dove i riferimenti musicali sono di segno differente: nel tempo passato insieme, Lionello aveva ascoltato Vannicola cantare e suonare brani della Bohème, e nel 1898, mentre il capolavoro di Giacomo Puccini trionfava in Europa, rappresentò in un olio la scena culminante del melodramma, La morte di Mimì, intingendo il pennello in un fedele descrittivismo: «seduto a fianco del letto, con la mano sinistra affondata nella scomposta capigliatura, il poeta Rodolfo (Balestrieri lo ha ritratto con le proprie sembianze), pensoso e sgomento, affissa lo sguardo sul volto dell’amante, che, col capo affondato nel candido cuscino, e un braccio disteso e inerte, appare prossima a morire. Nel fondo del quadro gli altri personaggi», ossia Schaunard, Marcello, Musetta e Colline. 

Manon

Ancora il richiamo a Puccini tornerà in una gouache di cui si è persa traccia, Tosca, e in un’acquatinta derivata da una tela (a oggi irreperibile) del 1905, Manon, in cui il pittore evoca il tragico epilogo della vicenda, quando Des Grieux, avendo scelto di condividere la sorte dell’amata, la segue nel confino americano, nelle lande della Louisiana. Qui tenta di rincuorare la donna, che, «esausta, con gli occhi cerchiati per la fatica insostenibile gli si abbandona sul petto», ma «non s’illude, nella sua estrema chiaroveggenza, la disgraziata», e «l’ultimo guizzo di vita si estingue nel gemito della speranza perduta». Mi rifaccio all’immaginoso e poetico commento di Alberto de Angelis, autore nel 1943 di un importante saggio sui ‘quadri musicali’ di Balestrieri: sua è anche l’osservazione che l’artista si è permesso in quest’opera una ‘licenza ambientale’, preferendo raffigurare i due amanti non nella sterminata pianura descritta dal libretto, ma fra dislivelli di montagne. 

JULES MASSENET French musician, shown composing ‘Manon’
(Particolare del quadro di Balestrieri dedicato a Jules Massenet nel quale in alto a dx è raffigurata la Manon. Questo particolare ci fa supporre che Balestrieri si riferisse alla Manon di Massenet e non di Puccini (N.d.R))

Il capolavoro più emblematico del periodo, capostipite d’un numero infinito di repliche e varianti, è tuttavia il famoso Beethoven, che condensa ed esprime il clima di un’epoca, quell’atmosfera fin de siècle, mista di realismo e insieme impeto lirico, che si rifaceva alla Bohème pucciniana: 

nel primo piano del quadro l’artista aveva ritratto, ancora una volta, se stesso nella severa figura di uno degli ascoltatori, accovacciato su di un divano, con le mani intrecciate a stringersi contro il corpo le ginocchia. Sulla sua spalla s’appoggia una sognante donna bionda: la sua donna. Tre uomini, gli amici del pittore, completano il gruppo. A sinistra, potentemente beethoveniana nel grosso capo arruffato e nella corporatura goffa e malvestita, il violinista. E quasi invisibile, dietro di lui, il pianista che l’accompagna4

Insomma, ci sono tutti gli ingredienti per far sognare e vibrar d’emozione animi sensibili e aperti alla commozione: a parte il calco funebre del volto del compositore, si respira una sorta di nostalgia, di struggimento per una condizione esistenziale, per uno stato dello spirito vagheggiati e sospirati, ovvero ormai perduti. 

Al di là dei ‘coprotagonisti’ in scena (l’uomo disperato col volto tra le mani, la musette, tipo di francese che ritorna sovente nelle opere di Balestrieri, con le crocchie di capelli arruffate e gli occhi cerchiati), l’ispiratore autentico della tela è Giuseppe Vannicola, con la sua esecuzione della Sonata a Kreutzer, ma ancor più con l’esempio di una vita sregolata e bohémienne

Da due personaggi ricavati da un dettaglio del Beethoven, ossia l’artista stesso e la moglie Giuditta, nasce un dittico di dipinti a olio intitolati Il gelo e Il disgelo (ossia il temporaneo litigio fra i due amanti, che potrebbero simboleggiare, poeticamente trasfigurati, Marcello e Musetta, e la successiva riappacificazione), da cui fu poi derivata una coppia di acqueforti-acquetinte, incise su rame acciaiato per poterne trarre un maggior numero di esemplari: ricostruzione un po’ aneddotica, con la consueta ambientazione nella soffitta-atelier di Parigi, che troviamo anche nelle illustrazioni eseguite per il racconto di Claude Duflot Une victime de Murger, pubblicato nel 1900 sul «Figaro illustré». 

Non risultano scambi epistolari tra Balestrieri e Puccini, ma, da una fotografia del Maestro con dedica datata all’artista, possiamo dedurre che un incontro sia avvenuto nell’autunno del 1903 a Parigi, dove il compositore soggiornò per circa un mese (dalla fine di settembre alla fine di ottobre) per le rappresentazioni di Tosca e di Bohème all’Opéra. Significativo è il testo della dedica («Al grande artista / del sentimento / Lionello Balestrieri / con ammirazione / ed amicizia / Giacomo Puccini / Paris / 26. 10 903»), che coglie il côté romantico e patetico della vena del pittore toscano. 

Inoltre nel corridoio del piano nobile della Villa di Torre del Lago si conserva tuttora, appeso a una parete, un esemplare incorniciato dell’acquatinta in bianco e nero di Balestrieri, anch’essa ricavata da un olio su tela (vincitore di una medaglia di terza classe al Salon del 1904), Trittico Chopin, che ripercorrere i momenti ritenuti salienti della biografia del compositore polacco, la cui figura, in certa cultura italiana dell’epoca, era interpretata con svenevole sentimentalismo, come giovine travagliato e amante infelice nella sua liaison con George Sand.