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Omaggio a Ugo Fabietti

Agosto 3, 2021 - Eventi
Locandina manifesto dell’evento

Intervento del Presidente della Fondazione Lionello Balestrieri in apertura dei lavori

Personalmente credo che rendere omaggio a Ugo Fabietti abbia un significato più ampio rispetto alla singola e autorevole persona che abbiamo conosciuto.

Sebbene l’antropologo Ugo Fabietti, anzi, Ugo Enzo Mauro Fabietti fosse nato a Milano il 20 novembre del 1950 e proprio a Milano scomparso il 7 maggio 2017, noi cetonesi amici e conoscenti di pochi anni più giovani di lui lo ricordiamo come “Gughi” figlio del filosofo Renato Fabietti anche lui nato, il 3 settembre del 1923 a Milano, che combatté la resistenza e si arruolò nel corpo di liberazione nazionale come volontario insieme agli inglesi e agli americani combattendo come partigiano proprio in questa terra nativa del padre Alfredo Fabietti (nonno di Ugo) scrittore e traduttore italiano, primo Sindaco di Cetona nel 1944 rappresentante il Comitato di Liberazione Nazionale il cui fratello (di Alfredo) è stato il cetonese Ettore Fabietti ricordato peraltro in questi giorni di omaggio a Dante Alighieri in occasione della presentazione della mostra di varie edizioni della divina commedia, patrimonio della biblioteca di Cetona, una delle quali del 1926 da lui curata.

Come altri personaggi illustri, Ugo Fabietti, legato molto a Cetona, non si è mai tirato indietro nel dare il suo apporto e contributo di studioso alla Comunità.

Come non coinvolgerlo in alcuni lavori letterari promossi dalla Fondazione Balestrieri che riguardavano la grande trasformazione socio-economica di Cetona?

Chi meglio di lui poteva mettere a disposizione un metodo e uno strumento di analisi e lettura per far comprendere ai cetonesi certe dinamiche che innescano quello che più tardi sarà la Storia di una Comunità?

.Nel libro inchiesta “Cetona 900 sguardi e memorie diverse nel tempo del cambiamento” curato da Elena Bussolotti con prefazione di Rosario Villari e con interventi del sociologo Giovanni Bechelloni e del prof. Giorgio Doricchi, Ugo Fabietti ci ricorda che non esiste un passato qualunque, ma solo quel passato che noi vediamo con gli occhi del presente, perché è alla nostra vita di oggi che vogliamo dare un significato, E questo significato crediamo di poterlo trovare in qualcosa da cui noi veniamo: il passato appunto.

E da Antropologo rimarcava il fatto che cogliere le trasformazioni, il cambiamento, i passaggi epocali che hanno segnato la storia di Cetona e dei suoi abitanti nel 900 non è molto diverso dal cogliere quegli stessi fenomeni in un villaggio indonesiano, pakistano o peruviano…il problema è da dove si dovrebbe cominciare…Qual’è il momento a partire dal quale possiamo stabilire che c’è stato (se c’è stato) un vero cambiamento o una vera trasformazione? Ogni scelta è arbitraria…

In uno dei suoi passi, a proposito di Cetona, Ugo scrive che …non si tratta …di ricostruire la storia del paese e del suo contado, ma piuttosto catturare i mutevoli accenti della cultura attraverso il tempo, cercare di cogliere quelle “tendenze” che non sempre sono racchiudibili in formule o in sentenze e che, per di più, possono assumere importanza e significato diverso a seconda del punto di vista di coloro che ne parlano….

Nella sua onestà intellettuale Ugo aggiunge …”Anche chi scrive queste righe è soggetto alla inevitabile “relatività” del proprio punto di vista: relatività che dipende dalla sua origine, dalla sua professione, dalla sua appartenenza sociale, dal suo linguaggio, dalla sua esperienza, oltre che dalla sua memoria di Cetona. E nella nota in calce chiarisce che “questo non significa che ognuno è libero di ricostruire la storia “come gli pare”. Significa invece che dobbiamo essere consapevoli di come e quanto il nostro personale punto di vista può influire sulla ricostruzione del processo storico.”

Di Ugo Fabietti possiedo una vecchia foto in bianco e nero che mi ritrae, con i pantaloncini corti e un fodero con tanto di pistola giocattolo, insieme a lui e a un altro cetonese scomparso prematuramente: Giampiero Parmegiani. Una foto emblematica di tre volti giovanissimi ignari di quello che sarebbe stato il proprio futuro percorso di adolescenza e di acculturazione.

Infatti, velleitaria fu la mia scelta di chiedere a Ugo (verso la fine degli anni 70) quindi poco più che da ragazzo alle prese con una spiccata curiosità ma infarinata dagli studi tecnici….che nesso ci fosse tra la parola Coltura e Cultura…

Ugo Fabietti, anzi Gughi…comprese benissimo che con una superficiale chiacchierata non avrei potuto comprendere ciò che lui, pochi giorni dopo scrisse, consegnandomi a mano, un vero e proprio saggio …. sulla coppia di termini a prima vista antitetici come le parole Coltura e Cultura.

La lettura di quel saggio la cui comprensione era a dir poco… a prova di tecnico (misuratore della terra) come ero diventato, mi fece comprendere come tra i due termini ci fosse originariamente una affinità: quello tra il processo di formazione dell’uomo “di cultura” e quello della cura e della coltivazione dei campi che i latinitrovavano riflessa nella loro lingua.

Nel riportare per brevità alcuni passi di quel saggio evidenzio solo che Ugo Fabietti scrisse: “Ciò non toglie comunque che il termine latino “cultura” individuasse una affinità di fondo tra il processo di coltivazione e quello di educazione dell’individuo: un riflesso delle forti radici agricole di quella civiltà? Forse.

Dall’escursus di quel saggio, che fa riferimento a molti illustri pensatori dei secoli scorsi, traggo solo un ultimo passaggio per me significativo, dove dice: “ …Motivazioni diverse, ispirano questi pensatori, ma tutti costoro hanno in comune l’idea per cui la cultura, cioè il sapere nelle sue espressioni più sofisticate e complesse, è uno strumento di modificazione del reale. E’ forse questa particolare concezione della cultura-sapere-potere che apre la via, nella seconda metà dell’Ottocento, verso una differente accezione del termine cultura.

Negli anni quel saggio fu per me motivo di apprendimento ed elaborazione che mi portò comunque a sintetizzare un concetto in due semplici parole che apposi in calce come sottotitolo a un mio blog (Cetona Blog) dove periodicamente racconto fatti di cronaca e di costume cetonese…Il sottotitolo è Colto per non essere Còlto!

Il sottotitolo non ben compreso dai miei lettori fu addirittura motivo (e preso a pretesto) per una accusa da parte di alcuni avversi interlocutori in risposta a uno dei miei articoli pubblicati nel blog con il quale dissentivo, per motivi “culturali”, sul fatto che dopo quasi un ventennio di isola pedonale, uno degli elementi rappresentativi della grande trasformazione di Cetona espressi da parte di una amministrazione comunale fondata sulle radici di una Comunità agricola e rurale, ci fosse qualcuno che proponesse la riapertura al traffico veicolare con tanto di parcheggio, della piazza di Cetona…dove ci troviamo.

Ma quella circostanza mi portò ancor più a comprendere che tra Colto e Còlto non è solo una questione di accenti…avevo còlto una regressione culturale nei miei avversi interlocutori… e che forse, per fortuna, una ottocentesca concezione della cultura-sapere-potere ci aveva portato fin qui…oggi, anche a ricordare un illustre Antropologo culturale come è stato Ugo Fabietti.